I Marziani
di Alberto Severi
con Beatrice Visibelli e Marco Natalucci
regia Nicola Zavagli
Siamo nel ’63 a Firenze n un condominio di periferia dove ancora si sentono “cantare le cicale”. Alvaro e Mara, una coppia di mezza età-lui controllore di autobus, lei casalinga-lui comunista sfegatata, lei devotissima alla Chiesa-snodano la loro tragicomica vicenda sullo sfondo dei grandi avvenimenti del tempo, ragionando e sragionando di Togliatti e della morte di Papa Giovanni.
La regia e l’interpretazione amplificano il lato grottesco della storia e dei personaggi inserendoli in una coloratissima scena disegnata con gusto fumettistico, tavoli e sedie formato mignon, e il tempo scandito dai grandi successi musicali degli anni ’60. Così mentre scorrono “Il cuore è uno zingaro” e “Datemi un martello”, Alvaro e Mara-con il loro toscanaccio che non sempre censura il turpiloquio-ci raccontano la loro vita mediocre e le loro storie senza nemmeno uno straccio di lieto fine, facendoci ridere di cuore ma lasciandoci in bocca un retrogusto amaro dovuto forse al nostro riconoscersi in loro.
Un omaggio ridente e poetico dell’autore Alberto Severi e della compagnia alla tradizione del teatro vernacolare fiorentino.
Dalla rassegna stampa:
… l’impianto e li linguaggio ricordano quelli del teatro vernacolare… la recitazione di Beatrice Visibelli è un omaggio a quella di Wanda Pasquini… fra battute e momenti davvero comici l’essere marziani diventa il simbolo di una dimensione diversa e migliore di quella della realtà…bravissimo anche Marco Natalucci sia nei momenti comici che in quelli decisamente più seri.
Francesco Tei – Rai 3
… un mondo semplice e schietto dove tutto ciò che è incomprensibile sembra sia venuto da Marte… Alberto Severi dona un nuovo significato agli esseri verdi venuti da pianeti lontani, identificando l’alieno con una sorta di pomata liturgica e nostalgica, con quel passato da occhi lucidi che riempie vecchie scatole di ricordi in bianco e nero…
Tommaso Chimenti – Il Corriere di Firenze
… un racconto della Firenze degli anni sessanta, di una stagione dialetticamente vissuta fra un marito comunista sfegatato e una moglie pia e devota…
Il Manifesto
La scenografia è colorata e ispirata al gusto dei fumetti e sullo sfondo scorrono le musiche mitiche degli anni sessanta.
Il Firenze
… Severi riesce a far ridere delle scempiaggini del nostro tempo e di ciò che eravamo, per poi in un solo attimo fugace stoccare amaro e colpire tragico, non semplicemente triste ma riflessivo sulle debolezze, squarciando l’esistenza di positivo e negativo, mischiandoli o, meglio ancora, mantecandoli, dove non alla fine non si sa più dove finisca l’uno e cominci l’altro.
Tommaso Chimenti – Scanner.it